Essere puntuali

giovedì 14 febbraio 2008

Manca la Sig.ra Vecchiotti Camilla ....... L'Ufficio Urbanistica del Comune di Vasto puo chiudere fino a data da destinarsi!!

OSSERVAZIONE ALLE NORME TECNICHE APPROVATE IN CONSIGLIO COMUNALE
RICEVIAMO E PUBBLICHIAMO

All’Ill.mo Sig.
SINDACO del COMUNE
di V A S T O

All’Ill.mo Sig.
PRESIDENTE del CONSIGLIO COMUNALE
di V A S T O

All’Ill.mo Sig.
SEGRETARIO del COMUNE
di V A S T O

All’Ill.mo Sig.
DIRIGENTE del SETTORE URBANISTICA
del COMUNE di V A S T O


Oggetto: Osservazioni sulla variante alle NTA del PRG

- con delibera di CC n. 87 del 23 ottobre 2007, pubblicata sul B.U.R.A. il 16 novembre 2007, è stata adottata la variante alle Norme Tecniche di Attuazione del P.R.G. del Comune di Vasto.

Ciò posto, formula le seguenti osservazioni.

NOTE INTRODUTTIVE

E’ forse giunto il momento di discutere apertamente, senza secondi fini, di politica urbanistica. Da tempo, quasi due legislature, ci si lamenta del fatto che l’amministrazione non voglia più fare direttamente politica urbanistica, ma si affida solo alle richieste che, di volta in volta, vengono dal “mercato”. Dopo l’approvazione del piano regolatore generale, pubblicato sul B.U.R.A. in data 11 - giugno –2001, gli atti concreti ed importanti in tema urbanistico sono state solo due delibere interpretative delle Norme tecniche fatto dalla Giunta Pietrocola, spesso parziali e quindi senza l’iter della variante generale. In pratica è accaduto che Tizio, piuttosto che Caio ha richiesto una variante per trasformare e/o aumentare la capacità volumetrica del proprio terreno, perseguendo un proprio fine, di fatto queste delibere hanno aumentato a dismisura un piano che di per se già estensivo, esempio aumento sia dell’altezza che dei volumi nelle zone B2, risultato pratico zona via Casetta. Allora cosa andava fatto? Bene, revocare immediatamente le due delibere interpretative e quindi tornare alla Normativa Tecnica originaria, cioè la NTA che accompagnava il piano nella sua adozione. Questa azione consentiva, tralaltro, di governare anche le zone di espansione, le cosiddette C1, poiché la Norma, per quelle zone, rimandava l’attuazione ad un Programma Pluriennale di Attuazione (P.P.A.) che l’Amministrazione era tenuta a redigere. Riapprovare immediatamente un Regolamento Edilizio che riportava la legalità in termini di distanze altezze ecc. e successivamente, nel più breve tempo possibile, adeguare il piano all’evolversi dei tempi, perchè tutti gli strumenti urbanistici devono poter essere flessibili e rispondere, prontamente, alle esigenze che possono sorgere con lo scorrere del tempo.
E’ indubbio che un passaggio istituzionale di siffatta rilevanza per la Città di Vasto meritava un ben più ampio dibattito pubblico e richiedeva un confronto serio ed approfondito con la cittadinanza, con le categorie economico-sociali, imprenditoriali e culturali che insistono sul territorio, con le altre Istituzioni della Città, con gli Ordini professionali, con i tecnici ecc.
Al contrario, l’Amministrazione Comunale ha preferito scegliere come unico momento e terreno di confronto quello offerto dalle osservazioni, rinunciando a quei contributi che non possono trovare idonea sede propositiva nell’ambito dell’istituto delle osservazioni e che, invece, potevano essere frutto di un dibattito pubblico più ampio di quello in realtà avvenuto.
L’avere rinunciato a questo esercizio di responsabilità o, peggio, l’averlo relegato in segrete stanze, ricorrendo ad una soluzione autoritativa e non partecipata, mette in chiara evidenza che certe scelte urbanistiche (che si vorrebbero strategiche) sono in realtà meri artifizi, per i quali non si è stato in grado di offrire una valida e coerente giustificazione basata su di una disamina seria ed attenta dei processi di trasformazione territoriale in atto e che rischiano di compromettere gravemente le esigenze di sviluppo della città e di penalizzare i bisogni ed i diritti delle persone.
La totale assenza di ogni e qualsiasi momento di partecipazione e di dialogo appare ancora più grave, ove semplicemente si considerino le innumerevoli carenze, omissioni e violazioni della normativa in tema di formazione e redazione degli strumenti urbanistici che hanno caratterizzato l’iter procedimentale della variante, la cui gravità è tale da inficiare l’intero procedimento.
Pertanto, le presenti osservazioni non possono prescindere da alcune considerazioni di carattere generale in ordine alla metodologia applicata ed alla procedura seguita nella formazione e stesura della variante.

OSSERVAZIONI DI CARATTERE GENERALE

1) Inesistenza della fase programmatica. Mancanza della necessaria delibera consiliare d’indirizzo.
In proposito mette conto di sottolineare che la formazione della variante non è stata preceduta da un’apposita deliberazione consiliare programmatica, che definisse gli indirizzi metodologici ed i criteri di impostazione della variante stessa e delineasse gli obiettivi da perseguire.
Tale preliminare passaggio era assolutamente necessario, innanzitutto, per evidenti ragioni di competenza. Il Consiglio è, infatti, l’unico organo istituzionale ad avere potestà decisionale in materia ed è solo ad esso che è riservata la legittimazione di decidere se, quando e come procedere ad una variante di piano, indicando al tecnico progettista incaricato i criteri di impostazione da osservare nella redazione della stessa.
Esso era, altresì, necessario per ovvie ragioni di trasparenza e di pienezza di tutela dei soggetti destinatari dei precetti della variante, al fine di rendere chiari ed intelligibili gli obiettivi da raggiungere, in ossequio al dettato legislativo che vuole qualificare ed estendere gli apporti partecipativi alla formazione dello strumento.
Senza il chiarimento delle finalità e delle scelte urbanistiche fondamentali resta sempre difficile, se non addirittura impossibile, anche per gli addetti ai lavori, la comprensione e la lettura degli atti e degli elaborati degli strumenti urbanistici.
Nella specie, non solo non è dato sapere chi ha assunto l’iniziativa di procedere alla variante, ma non è dato nemmeno conoscere il nome del suo redattore, posto che gli atti e gli elaborati depositati non recano la firma di un tecnico abilitato alla redazione di strumenti urbanistici (tale non potendosi ritenere quella apposta dall’arch. Pasquale D’Ermilio, che ha apposto la propria sottoscrizione come Responsabile di PO e non anche come progettista e redattore delle norme) e risultano del tutto anonimi. Né, infine, è dato capire quali siano stati i principi ed i criteri che l’hanno ispirata, il tutto in palese violazione della normativa nazionale e regionale in tema di formazione degli strumenti urbanistici e delle regole di competenza e di trasparenza amministrativa.

2) Inesistenza della fase conoscitiva. Carenza assoluta di istruttoria.
Alle anzidette gravissime violazioni ed omissioni deve aggiungersi la mancanza di una indagine conoscitiva, sia pure minima, sullo stato del territorio finalizzata alla messa a punto degli obiettivi della variante e dell’articolazione delle scelte.
Qualunque modifica ed aggiornamento del PRG deve essere assistita da adeguati studi e non può mai prescindere da un’analisi compiuta delle vicende che hanno caratterizzato l’attuazione del PRG vigente.
E’ un dato normativo ormai acquisito che i Comuni, all’atto della formazione di uno strumento urbanistico o della revisione di quello esistente, sono tenuti a documentare e rappresentare, anche con apposita cartografia, l’attività edilizia sviluppata nell’ultimo decennio nei diversi settori ed il grado di impegno del suolo, distinguendo, con apposita simbologia, le concessioni edilizie rilasciate, quelle in corso di realizzazione, quelle non eseguite, ma non decadute ovvero fatte salve a seguito di decisioni giurisdizionali, le opere abusive esistenti e non sanate, le lottizzazioni convenzionate, anche, se non realizzate.
E ciò tanto più quando, come nella specie, la variante incide sul dimensionamento e sulle scelte di fondo del piano e delinea un nuovo modello urbanistico-edilizio.
A dispetto di quanto affermato dal suo anonimo redattore, la variante non si è risolta in una mera rivisitazione della normativa tecnica, ma ha comportato la sostanziale modifica di indici, parametri, quantità e qualità degli interventi ammissibili, destinazioni di piano, modalità di intervento, oltre alla previsione di nuovi strumenti attuativi e ad una diversa zonizzazione infrastrutturale ed architettonica.
Essa, pertanto, non può essere assolutamente qualificata come una semplice variante normativa, sostanziandosi in una vera e propria variante generale, che, come tale, implicava una seria ed attenta indagine conoscitiva e documentata della situazione urbanistico-edilizia e dello stato di attuazione del piano vigente, nonché una approfondita analisi del fabbisogno abitativo e delle dinamiche di sviluppo in corso, nonché della capacità insediativa del piano in relazione sia all’edificazione residenziale che a quella artigianale, industriale, commerciale e terziaria.
Al contrario, tale fase conoscitiva ed analizzativa, così come quella programmatica e di indirizzo, è stata completamente pretermessa, tanto è vero che di essa non v’è la benché minima traccia né nella delibera di adozione della variante né, tanto meno, nella sedicente relazione illustrativa, ciò che costituisce il sintomo inequivocabile della superficialità e del pressappochismo che ha contraddistinto l’intero procedimento di variante.

3) Carenza assoluta di motivazione.
La mancanza assoluta di indirizzi e la mancanza di un’adeguata istruttoria non poteva non riverberarsi anche sul piano della impostazione della variante, che appare essere solo la semplice sommatoria di operazioni immotivate, incongrue, incoerenti e tra loro disgiunte che non definiscono un progetto urbanistico.
Se il Comune ha la facoltà ampiamente discrezionale di rivedere le previsioni urbanistiche in sede di disciplina del territorio, tuttavia è pur sempre tenuto a fornire una congrua ed adeguata motivazione delle scelte operate, onde consentire ai soggetti interessati di conoscere le ragioni di pubblico interesse che rendano necessaria la modifica delle previsioni già in vigore.
Ora, nella specie, la delibera di adozione della variante non reca la benché minima motivazione in proposito, limitandosi a richiamare la relazione illustrativa, la quale, a sua volta, al di là di un generico riferimento ad alcune problematiche asseritamente emerse nell’attuazione del vigente PRG, si risolve in una nuda e scarna elencazione delle modifiche proposte, senza la indicazione di alcuna ragione giustificatrice.
Le modifiche proposte, oltre ad non essere supportate da adeguata e congrua motivazione, appaiono essere anche del tutto incoerenti e, comunque, contrastanti con i criteri tecnico-urbanistici stabiliti per la formazione degli strumenti urbanistici e loro varianti.
Del tutto incoerenti e contraddittori tra loro sono anche la generalizzata estensione della previsione di piani attuativi, da un lato, e l’introduzione (pressoché illimitata) dell’istituto della c.d. monetizzazione sostitutiva delle aree destinate alla realizzazione delle opere di urbanizzazione.
Da un lato, insomma, con il pretesto della insufficiente urbanizzazione, si subordina l’edificazione (nella quasi totalità del territorio) alla redazione dei piani attuativi ed alla contestuale cessione a titolo gratuito delle aree per l’urbanizzazione primaria e secondaria, dall’altro, nell’un tempo, si ammette la sostituzione di tale cessione con una prestazione in denaro.
Ora, a prescindere dal fatto che siffatto istituto non risulta essere contemplato dalla nostra legislazione urbanistica, delle due l’una: o le aree servono per la realizzazione delle opere di urbanizzazione primaria e secondaria ed allora non si vede come la loro cessione possa essere sostituita con una prestazione in denaro; oppure esse non servono, ma in tal caso nessuna prestazione alternativa in denaro potrebbe essere imposta, perché essa si risolverebbe in sorta di prelievo forzoso che non trova cittadinanza nel nostro ordinamento giuridico.
Appare evidente che la scelta risulta essere dettata solo e soltanto da esigenze di “cassa” e non da effettive esigenze urbanistiche.
Ciò è tanto più vero, che non risultano essere stati predeterminati in alcun modo né l’ambito di applicabilità di tale forma di monetizzazione, né tanto meno i criteri per la quantificazione dei relativi importi, ciò che darà sicuramente luogo ad inevitabili discriminazioni ed a vergognose trattative, il tutto in barba ai più elementari principi di imparzialità e trasparenza amministrativa.

4) Intervenuta decadenza dei vincoli urbanistici. Illegittima (ri)proposizione degli stessi. Illegittima loro protrazione sine die.
Con la variante sono stati indiscriminatamente ed immotivatamente reiterati in blocco tutti i vincoli urbanistici ormai decaduti per l’inutile decorso del termine quinquennale di efficacia. E non solo, perché, a dispetto del divieto di legge (già posto dall’art. 2 l. n. 1187 del 1968 ed ora dall’art. 9 del TU espropri n. 327 del 2001) se ne è addirittura stabilita la durata indeterminata.
I vincoli urbanistici hanno una durata massima di cinque anni ed, una volta decorso inutilmente detto termine, essi perdono efficacia.
La reiterazione dei vincoli è ammissibile solo a due condizioni: la prima, è che la decisione di reiterare sia sorretta da idonea istruttoria e da adeguata e specifica motivazione in relazione alle effettive esigenze urbanistiche; la seconda, è che occorre prevedere un indennizzo.
Occorre, cioè, come ripetutamente insegnato dalla giurisprudenza in materia, che si dia dimostrazione, innanzitutto, della persistenza dell’interesse pubblico e della sua attualità. Vanno, inoltre, evidenziate le specifiche ragioni del ritardo che hanno determinato la decadenza dei vincoli, la mancanza di possibili soluzioni alternative o di perequazione tra i proprietari interessati e, dunque, la ineluttabilità della scelta dell’area già vincolata. Vanno, altresì, ecidenziate la serietà e l’affidabilità, anche sul piano finanziario, della realizzazione nel quinquennio delle opere sottese ai vincoli, con la precisazione delle iniziative mediante le quali il procedimento ablativo verrà portato a compimento. Occorre, infine, la ragionevole dimostrazione che la rinnovazione del vincolo sulla stessa area è necessaria per realizzare l’opera o l’intervento pubblico.
La reiterazione dei vincoli non è, dunque, consentita ma è ancorata ad una serie di parametri oggettivi, che devono essere tutti valutati nella fase istruttoria ed esplicitati in motivazione.
L’Amministrazione comunale, pertanto, quando intende procedere al rinnovo dei vincoli urbanistici decaduti è tenuta, per esigenze di giustizia, ad accertare e rappresentare che l’interesse pubblico sia ancora attuale e non possa essere soddisfatto con soluzioni alternative, indicando le concrete iniziative assunte o di prossima attuazione per soddisfarlo e provvedendo all’accantonamento delle somme necessarie per il pagamento delle indennità di esproprio.
Ma v’ha di più
L’assenza del piano finanziario rende inattuabile il rinnovo dei vincoli e siffatta situazione esautora ogni previsione ed in sostanza la programmazione urbanistica.
Nella specie, tali indefettibili due doveri (di indennizzo e di motivazione) non sono stati minimamente osservati, non avendo l’Amministrazione acquisito, né valutato e né, tanto meno, esternato, fatti o elementi idonei a giustificare la reiterazione dei vincoli.

5) Mancato adeguamento ed aggiornamento della cartografia di piano. Omessa pubblicazione della stessa.
Come si è innanzi evidenziato, con la variante in parola non si sono solo modificate le altezze, le distanze ed i criteri di loro misurazione. La variante ha, infatti, importato anche la modifica degli indici di fabbricabilità, la diversa fissazione dei limiti e rapporti per gli standards urbanistici, la (ri)disegnazione di comprensori e di comparti edificatori, ecc.
E’ evidente che siffatte modificazioni ed innovazioni hanno interessato anche la cartografia di piano. S’imponevano, pertanto, l’adeguamento e l’aggiornamento della rappresentazione grafica di tali modificazioni ed innovazioni ed il conseguente deposito dei nuovi elaborati grafici di piano.
Vale la pena di ricordare che la cartografia costituisce il documento principale ed indefettibile di qualsiasi strumento urbanistico. L’avere proceduto alla formazione della variante senza il necessario previo adeguamento ed aggiornamento degli elaborati grafici di piano rende la variante stessa monca e inintelligibile, oltre che praticamente inattuabile.
La mancanza di tali indefettibili adempimenti invalidano tutti gli atti successivi.

OSSERVAZIONI DI CARATTERE PARTICOLARE RELATIVE ALL’AREA IN OGGETTO

Deve sottolinearsi che l’area descritta in premessa ricade nel P.R.G. in zona C1, e cioè in zona Residenziale Estensiva, attesa la preesistente urbanizzazione a tale destinazione, con indice 1 metro quadrato per 1 metri cubi
E tale edificazione è prevista in via indiretta.
Se non che nella normativa tecnica si è preteso immotivatamente una modifica della Norma sia in ordine all’indice volumetrico 1 mq x 1 mc. con un fantomatico Sun Superficie netta ≤ 0,26 mq/mq che riduce la capacità edificatoria del lotto. Inoltre la Norma cita per tali zone che almeno il 42% del Sun edificabile dovrà essere destinata all’edilizia sovvenzionata e/o convenzionata
Trattasi di misure illegittime perché mortificanti senza alcuna ragione di
pianificazione lo ius aedificandi consacrato nel vigente P.R.G. e, dunque, di modifiche sostanziali.
Insomma, le previsioni urbanistiche inserite nelle adottande norme tecniche di attuazione si sostanziano in una variante di P.R.G. non risultano giustificate da sopravvenute ragioni che le rendano inattuabili ai fini del soddisfacimento dell’interesse pubblico.
Non è dato leggere in nessuna parte della deliberazione la sopravvenienza di fatti oggettivi che suggeriscano una diversa valutazione e distribuzione oggettiva della situazione.
La giurisprudenza nella subiecta materia ha ritenuto necessaria la motivazione dell’adozione di variante che non costituisce un mero strumento normativo di carattere regolamentare vero e proprio, ma uno strumento urbanistico.
Tali prescrizioni davvero penalizzanti non trovano giustificazione ove si consideri la finalità della nuova normativa.
Non appare giustificata la ridotta volumetria.
Trattasi di misure illegittime perché mortificanti senza alcuna ragione di pianificazione lo ius aedificandi consacrato nel vigente P.R.G., misure che si concretizzano in modifiche sostanziali.
La variante al P.R.G. quale è quella in esame deve essere motivata.
In tale senso si è pronunciata anche la giurisprudenza amministrativa, secondo cui le previsioni contenute in un piano di lottizzazione approvato dal Comune possono essere da quest’ultimo disattese attraverso provvedimenti di variante al P.R.G. e a condizione che siano prospettate congrue ed esaustive motivazioni di interesse pubblico (Consiglio di Stato, Sezione VI, 30 settembre 2002 n. 4980 e nello stesso senso TAR Abruzzo, L’Aquila, 5 marzo 2004, n. 212).
Considerato che il lotto in questione, risulta ben Urbanizzata ed essendo l’ultimo non attuato si chiede che la trasformazione edilizia avvenga attraverso l’approvazione di un piano particolareggiato di iniziativa privata esteso all’intero comparto, nello stesso tempo si chiede di togliere la Norma del 42% della Sun edificabile da destinare ad edilizia sovvenzionata e/o convenzionata.
Con osservanza.
Vasto, 31 dicembre 2007

per ragioni di opportunità non viene divulgato il nome firmatario dell'osservazione

mercoledì 13 febbraio 2008

La lettera "UFFICIALE" delle mie dimissioni da presidente della Commisione Consigliare Affari Generali

Gentile SINDACO del Comune
Di VASTO Avv. La Penna Luciano

P.C. Gentile segretario della
Commissione Comunale Affari generali e Istituzionali
Avv. Bucci Carlo


Con questa lettera Le presento le mie dimissioni irrevocabili da Presidente della Commissione affari Generali ed Istituzionali,
Una scelta sofferta, ma convinta, che mi ha provocato molta ansia, rispetto la quale mi pare doveroso da parte mia riepilogare qui le ragioni.

Del resto, io mi sono presentato alla competizione elettorale che ci ha visti vittoriosi, come un "prestato" temporaneamente alla politica istituzionale, per portare un contributo, una voce, un'esperienza, e ciò sottraendo del tempo al mio lavoro quotidiano.

Dopo 20 mesi debbo constatare, che la macchina istituzioni e oramai avviata, ed in questi quasi due anni trascorsi, posso dire serenamente di essermi, sin dall'inizio del mio incarico ad oggi, impegnato con serietà e certamente senza risparmiarmi. Vedi lo Statuto Comunale, approvato in un anno appena di legislatura e di tanti altri regolamenti già portati al vaglio del Consiglio Comunale.

Ma non posso fare a meno di dichiarare che questi 20 mesi passati sono stati molto duri e faticosi sempre a causa del mio impegno di lavoro, che diventa sempre più faticoso e difficile e rispetto al quale non posso delegare nessun altra persona.

La vita dell’Amministratore Pubblico non è per niente comoda e facile per chi voglia partecipare seriamente ed attivamente ai lavori.

La prego quindi signor Sindaco di mettere all'ordine del giorno dell'Assemblea le mie irrevocabili dimissioni, del resto, non ho mai pensato al mio contributo come fondamentale, pur ritenendo che stare in amministrazione, debba corrispondere non solo un onore e un privilegio ma soprattutto un dovere di impegno costante, in base al quale ha senso esserci,

Prima di congedarmi non posso non ricordare tutti i Consiglieri presenti nella Commissione che mi hanno sostenuto ed aiutato.
Un pensiero particolare al Segretario della Commissione che ha dimostrato sempre stima e simpatia nei miei riguardi.

Augurandomi che Lei possa comprendere le mie motivazioni, desidero ringraziarLa per la gentilezza che mi ha accordato.

La saluto con stima sincera

Sabatini Corrado

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